L'eremo della Pietra, insieme al Santuario mariano, ha una lunga storia di devozione e ad esso generazioni di montanari sono state strettamente legate.
L'Eremo della Pietra
Al tramonto della potenza dei feudatari di Bismantova, che si era affermata attraverso aspre lotte, e che alla fine era stata sopraffatta e dispersa, sorge nel secolo XV l'Eremo di Bismantova.
Dopo secoli di guerre, tutto sarebbe piombato nel silenzio, se il piccolo Eremo non avesse intonato il canto della fede, continuando la tradizione della precedente chiesetta del castello. Ecco in breve i momenti più significativi:
Anno 1411: i documenti parlano di un oratorio dedicato al Salvatore. Forse è sorto per la presenza di un eremita che prese l'iniziativa della costruzione. O forse il luogo stesso, selvaggio e caratteristico per la grotta profonda che s'interna nella montagna, attirò e stimolò la naturale religiosità del popolo, che nei luoghi particolarmente suggestivi, ama pensare ad una presenza particolare della divinità. (')
1) Un'altra ragione plausibile della collocazione dell'Eremo in questo luogo selvaggio, è la protezione che offre la grotta, punto più compatto della montagna, contro la caduta di sassi, che si staccano frequentemente dalla roccia. L'oratorio primitivo difatti, più piccolo dell'attuale, era tutto rannicchiato sotto la grotta, quasi per farsi di essa un sicuro ombrello protetti- vo. Si deve inoltre aggiungere che vicino scaturisce dalla roccia un fresco zampillo di acqua potabile, unico nella zona, che rendeva possibile soggiornare nel luogo.
Anno 1418: 18 Aprile 1418: questa è la data incisa sopra un altare dedicato a S. Francesco di Assisi, e donato all'oratorio, ancora in fase di costruzione.
Anno 1422: sull'affresco che rappresenta la Trinità, ora esposto nella chiesetta dell'Eremo, compare questa data: 16 Giugno 1422. Tale affresco decorava allora l'abside del primitivo oratorio del Salvatore. Più tardi, secondo il parere di esperti studiosi, è stata affrescata, sopra una parete laterale, anche la Madonna che allatta il Bambino, probabilmente da una mano diversa da quella che aveva dipinto il gruppo della Trinità.
All' Eremo si svolgeva un servizio religioso, in alcune principali ricorrenze dell'anno liturgico, ma non pare che tale servizio occupasse tutto l'arco dell'intero anno.
Anno 1617: in seguito a fatti prodigiosi, confermati da documenti storici, e attribuiti ad un particolare intervento della Madonna, l'oratorio venne restaurato ed ampliato, e orientato diversamente.
Siccome ci pare che questi fatti abbiano inciso in modo tutto particolare nella storia del Santuario, ci permettiamo di riferirli più diffusamente.
Due terziari francescani di Pavia, fra Domenico Vigotti e fra Francesco del Borgo, da tempo conducevano vita esemplare all' Eremo, a cui erano molto affezionati. Essi si fecero promotori di una ristrutturazione dell'oratorio, anche per adeguarlo all'aumentato afflusso di fedeli. Le pratiche necessarie per ottenere il permesso dalla Curia di Reggio E. le svolse lo stesso marchese Ernesto Bevilacqua, feudatario di Bismantova sotto Casa d'Este, tanto forte era l'interesse e il fervore religioso, che i due terziari erano riusciti a suscitare non solo nel popolo ma anche nell'alta nobiltà.
Fra Francesco del Borgo, in una deposizione fatta da- vanti al delegato del Vescovo di Reggio E. il 12 Agosto 1616, narra come è nata e si è sviluppata la devozione alla Vergine nel Santuario di Bismantova: "...io sto in questo luogo da dieci anni; da due anni circa è cominciato un grande concorso di popolo davanti a questa immagine della Madonna. Dal mese di maggio di quest'anno 1616 si è accresciuto il concorso di persone, perché si è diffusa la fama di numerose grazie concesse. Molte persone venute a questo luogo, hanno attestato di essere state liberate chi da un male chi da un altro, di modo che ogni giorno accorrono numerosi fedeli e nelle feste vi è grande afflusso".
Quindi, secondo questa testimonianza, la rinascita spirituale e materiale dell'Eremo, è da attribuirsi ad un risveglio di fede, operato da un intervento particolare della Madonna.
Il restauro della chiesa allora suggerì di dare risalto al nuovo indirizzo mariano assunto dall'oratorio, concedendo un posto preferenziale al quadro della Vergine col Bambino, affrescato su una parete laterale.
Questo si ottenne, cambiando l'orientamento antico da ovest ad est, per il quale l'affresco della Vergine si trovava sulla parete laterale sinistra, mentre di fronte a chi entrava vi era l'affresco della Trinità.
Quando invece la chiesetta ebbe la sua entrata dove si presenta attualmente, il quadro della Vergine venne a trovarsi di fronte a chi entrava. Quindi in quell'anno 1617. l'Eremo della Pietra con tale nuova ristrutturazione, assunse tutte le caratteristiche di Santuario della Madonna.
A partire da quella data anche i documenti sul Santuario si fanno più numerosi; provengono per la maggior parte dagli archivi di Castelnuovo e di Ginepreto.
Altri terziari francescani si succedettero dopo i primi due di cui abbiamo parlato; e quelli dell'ultimo secolo appartengono al Convento dell'Annunciata di Parma. Il Santuario sotto la loro guida conobbe un vivace rifiorire di devozione mariana.
Anno 1925: non potendo seguire dettagliatamente tutte le altre vicende, che potrebbero costituire materia di uno studio a parte, veniamo al 1925, anno che segnò per il Santuario il cambio di guardia.
Il Vescovo di Reggio E. Mons. Brettòni, si mise in comunicazione con il P. Emanuele Caronti, Abate dei Benedettini di S. Giovanni E. di Parma, offrendogli la direzione del Santuario della Pietra. L'Abate Caronti fu ben lieto di accettare e vi mandò subito un piccolo gruppo di monaci. Essi si dedicarono immediatamente ad un lavoro di ricostruzione spirituale e materiale.
Ripulirono la chiesa, e costruirono la biblioteca con due stanze sottostanti per gli ospiti. Nel 1943 iniziarono opere radicali di restauro della chiesa che venne ampliata, ricoperta esternamente di pietra arenaria a doppia tinta; l'ingresso venne abbellito con elegante protiro.
Gli affreschi, con l'aiuto tecnico della Soprintendenza alle belle arti, vennero restaurati e, per meglio conservarli, staccati dal muro e portati su tela.
Nel 1957 poi, si pose mano alla casa, dove abitano i monaci, e venne completamente rifatta, secondo moderni criteri di decorosa abitabilità. Fino a quando il monastero fu attivo, essa poteva accogliere anche qualche ospite che volesse fare un'esperienza di preghiera, nel silenzio e nella solitudine.
Per rendere più agevole a tutti l'accesso al Santuario è stata aperta una strada, accanto al vecchio difficile sentiero, che offre la possibilità di arrivare fino al Piazzale Dante, dove si può comodamente posteggiare la macchina. Poco più in alto del Piazzale Dante, è stato costruito un ristorante, gestito da privati, per offrire un servizio di ristoro ai pellegrini e ai turisti, e ai sempre più numerosi rocciatori che frequentano la Pietra come palestra di roccia.
Per ovviare poi alle frane, che nel recente passato hanno minacciato la stabilità della chiesa e della casa, è stata eretta nel 1968 quella maestosa diga, fatta di gabbioni riempiti di pietra del luogo, che finora ha fermato ogni altro movimento del terreno.
Inoltre nel 1970 è stato scavato davanti alla chiesa un ampio salone, con lo scopo di offrire un luogo di riunione a gruppi di pellegrini, ma soprattutto per catturare e convogliare le acque che erano causa di pericolose frane. Così il Santuario oggi, dopo tutte queste opere, offre un aspetto più moderno ed accogliente, e mette a disposizione di tutti lo splendido panorama, la pace e la serenità, che la natura quassù generosamente offre al visitatore.
Il Santuario e i suoi affreschi
La Pietra di Bismantova nel punto in cui è sorto l'Eremo, presenta una profonda grotta, sotto la quale è tutta raccolta la chiesetta.
È il lato più compatto dell'intero perimetro roccioso, e lì la montagna, quasi chinandosi sul Santuario, lo protegge dai massi che dall'alto incombono e sembrano minacciare rovina.
L'Eremo è situato a 947 m. sul livello del mare; gode della visuale di un'ampia vallata, tutta circondata da alte montagne.
Ma ora volgiamoci alla chiesetta per una breve visita. La porta d'ingresso a due battenti, è di legno intagliato, lavoro artigianale di anonimo del sec. XVII. A destra è rappresentato l'episodio biblico del peccato originale, con Adamo ed Eva e il serpente; nel pannello di sinistra è intagliata la Madonna con il Bambino e un orante, simbolo della salvezza dopo il peccato.
Sull'architrave della porta costruita nel 1943 in pietra arenaria, compare la scritta: "Mariae nascenti" per indicare che il Santuario è dedicato alla Natività della Madonna (8 Settembre).
Vi è poi lo stemma dell'Ordine di S. Benedetto a destra, e quello del monastero di S. Giovanni Ev. di Parma, a sinistra, per indicare che i restauri sono stati eseguiti dai monaci benedettini di Parma, che avevano in cura il Santuario.
Nella lunetta, sulla porta d'ingresso, il pittore Amos Nattini di Oppiano di Parma, nel 1950, su commissione dei monaci, dipingeva ad affresco, la Madonna in atto di cantare le sue lodi a Dio. È una bella testimonianza di arte contemporanea, di un insigne pittore parmense.
L'interno della chiesa con volte a botte, cupoletta ellissoidale, e con due cappelle laterali, nei recenti restauri è stato adattato alle nuove necessità del culto. Di particolare pregio artistico, spicca al centro della piccola abside scavata nella roccia, l'affresco della Madonna con bambino, incorniciato da una bella ancona marmorea.
L'affresco, secondo l'opinione di alcuni studiosi, è opera di anonimo emiliano, che lo avrebbe dipinto intorno al 1450 circa. La linea trecentesca che lo farebbe apparire più antico, sarebbe soltanto segno di un ristagno di cultura locale, per difficoltà di comunicazione. Mentre quindi altrove, nei grandi centri, come Firenze, Milano, Ferrara, già fioriva la grande arte quattrocentesca, qui invece il pittore provinciale, isolato dalle correnti più moderne, si attardava ancora su forme passate.
Nel 1955 l'affresco, dopo un intelligente restauro, è sta- to "strappato" dal muro e portato su tela, per poterlo meglio difendere dall'umidità e conservarlo.
La delicata composizione, ci presenta la Madonna seduta in trono, in atto di allattare il Bambino, espressione della sua funzione di Madre nel piano della salvezza. I due volti, della Madre e del Bambino, hanno una profonda espressione di grande dolcezza e dignità.
Il panneggio della Madonna con veste e manto discende abbondante lungo la persona, fino a lambire la terra. Le mani delicate della Madre, trattengono solidamente il piccolo sulle ginocchia, con disinvolta naturalezza.
Il Bambino a sua volta, con le mani stringe il seno materno; il suo capo, di profilo, è rotondeggiante e aureolato. Una tunica su misura e di colore giallo-oro, ricopre il suo piccolo corpo fino ai piedi. Gli occhi della Madre e del Figlio, non si incontrano tra di loro in uno sguardo d'amore, come sarebbe stato logico attendersi, ma si dirigono verso la navata della chiesa, quasi a dare un affettuoso benvenuto al fedele che entra.
In complesso la sacra rappresentazione di gusto gotico, è carica di un profondo senso religioso, frutto di un'epoca in cui la fede riempiva di sé tutta l'arte.
La solenne ancona marmorea che inquadra l'affresco, fu eseguita nel 1947 dalla scultrice Carmela Adani di Correggio; la sobria lavorazione, le colonne di onice con capitelli istoriati, la pacata tonalità del marmo, bene si armonizzano per dare giusto rilievo all'affresco.
Anche il sottostante altare, è stato costruito nel 1943, su progetto del Padre Leandro Montini, monaco benedettino di Finalpia (Savona). Marmi policromi, scelti e lavorati con semplicità, danno un giusto rilievo al tabernacolo, chiuso da una porticina su cui spicca in rilievo lo stelo di un fiore con il monogramma di Maria.
Il coro ligneo, di cui si ignora autore e data, presenta un discreto lavoro di intarsio. È il luogo dove si radunano i monaci per la loro preghiera comunitaria.
Sulle pareti del coro pendono due quadri: parete sinistra: S. Francesco riceve le stimmate e S. Luigi IX, re di Francia, in veste militare romana, contempla genuflesso la scena. Non si conosce l'autore; sembra però che il dipinto risalga al secolo XVII. Parete destra: Madonna Addolorata con il Cristo, S. Lucia martire, S. Antonio da Padova. Anche questo quadro è di ignoto autore del secolo XVII.
L'ispirazione chiaramente francescana dei quadri, si deve al fatto che religiosi di S. Francesco furono presenti al Santuario fino al 1925, quando vennero i Benedettini di Parma.
L'affresco della Trinità, che attualmente si osserva appeso alla parete destra della parte centrale della chiesa, originariamente era all'interno dell'Eremo. Nel 1958 fu distaccato dal muro originario, riportato su tela, e collocato nel luogo attuale, per comodità dei visitatori.
Lo stesso affresco porta il nome dell'autore e la data di esecuzione: "Marco e Soci hanno dipinto nell'anno 1422". In alto troneggia il Padre Eterno, in atto di benedire; sotto il Cristo con l'aureola crociata, che mostra il Vangelo; nella parte sinistra ora mancante si presume che dovesse trovarsi lo Spirito Santo; accanto alle due prime figure si osserva S. Giovanni Battista e S. Maria Maddalena; inginocchiato vi è un orante, con gli occhi fissi sul Padre Eterno.
L'affresco, pur non in ottimo stato di conservazione, rappresenta una testimonianza di fede e di arte del quattrocento con qualche infiltrazione stilistica bizantineggiante. Le figure, statiche, serene, dal viso tondeggiante, manifestano un certo senso del sacro. Il dipinto testimonia la fede tradizionale nella SS. Trinità.
I Monaci Benedettini a Bismantova
I Monaci Benedettini erano presenti nella zona di Castel-nuovo M. già dal secolo XII, quando la Contessa Matilde ne fece donazione al Monastero di Canossa. L'Eremo di Bismantova però era servito da religiosi del terz'Ordine francescano, i quali nell'ultimo secolo provenivano dal Convento dell'Annunziata di Parma, sotto la direzione di un sacerdote diocesano.
Nel 1925 il Vescovo di Reggio, Mons. Brettoni si rivolse ai Benedettini di Parma, affidando a loro il servizio del Santuario. Il P. Abate di Parma, D. Emanuele Caronti, vi destinò un piccolo nucleo di monaci della sua comunità, sotto la direzione del P. Eugenio Cicchitti, primo superiore della nuova casa. I primi anni furono duri a causa dello stato di estrema decadenza in cui si trovava il Santuario.
Il P. Abate D. Carlo De Vincentiis e il suo successore P. Abate D. Prospero Farioli, che era nativo di Carpineti, iniziarono una serie di lavori radicali per la sistemazione dell'Eremo. Due frane che si verificarono proprio a ridosso del Santuario imposero lavori radicali anche al piazzale della chiesa. Ora il grosso dei lavori è compiuto, e il Santuario é stato consolidato ed ampliato, e la casa resa abitabile.
La Spiritualità Benedettina e il suo legame con La Pietra di Bismantova
Il Santuario della Pietra di Bismantova per la peculiarità della sua posizione, fatta di solitudine e di silenzio, si presta ad una esperienza monastica particolare. Il luogo stesso, dove la natura parla con voce più penetrante e forte, può preparare la via ad una esperienza più chiara ed intensa di Dio. Il monaco, secondo S. Benedetto, è colui che mette alla base della propria vita, un impegno tutto particolare di "ricerca di Dio".
A chi si presenta al monastero per esservi ricevuto come monaco, S. Benedetto nella sua Regola, pone come unica condizione, "che cerchi veramente Dio" (si revera Deum quaerit) e non abbia altri motivi umani. Egli deve porre al vertice della scala dei valori l'amore di Cristo: "nihil amori Christi praeponere", perchè solo Cristo può motivare e giustificare la vita monastica.
Il monaco ha chiara coscienza, oggi in modo particolare, che il suo compito e il suo carisma è quello di far sentire ai fratelli, che il problema centrale dell'uomo è il problema di Dio. L'uomo creato per Dio, deve cercare in Lui la soluzione del problema esistenziale e di tutti gli altri problemi connessi con questo.
La Regola di S. Benedetto offre un progetto di vita monastica, che può essere di grande aiuto per attuare quella ricerca di Dio, che costituisce lo scopo primario di ogni esistenza umana. Tale progetto riteniamo pienamente valido ancora oggi, perché collaudato nel corso di quindici secoli dall'esperienza di tanti uomini generosi, che in esso han trovato la piena realizzazione di se stessi come uomini e come cristiani.
S. Benedetto domanda però costanza e coraggio virile da chi si accinge a percorrere questa via, perché sul principio genera stanchezza e noia; ma chi saprà perseverare, godrà la gioia di approdare ad un mondo di luce.
Vi sono alcuni valori della tradizione monastica che oggi ritornano a galla e si impongono con nuovo interesse, soprattutto al mondo giovanile, che spesso ne fa esperienza con entusiasmo. Ne accenniamo brevemente alcuni:
1. Vita Comunitaria: è uno dei primi valori che i giovani sentono e cercano in vari modi di realizzare; ed è uno dei fondamenti del monachesimo; una vita comunitaria secondo l'esempio della primitiva comunità cristiana, di cui ci parlano gli Atti degli Apostoli, fondata unicamente sul Cristo, al di sopra di ogni altro interesse economico o culturale. Riuniti nel nome di Cristo per sperimentare la presenza del Cristo: "Ove due o tre di voi, sono riuniti nel mio nome, lo sono in mezzo ad essi".
Il Concilio Vaticano II, descrive così il suo ideale comu- nitario nella vita religiosa: "La vita in comune sull'esempio della Chiesa primitiva, in cui la moltitudine dei credenti era un cuor solo ed un'anima sola (Atti, 4, 32) unita per mezzo del Vangelo, della S. Liturgia, e soprattutto della Eucarestia, perseverante nella preghiera e nella stessa unità di spirito". (Atti, 2, 42)
"I religiosi, come membri di Cristo, in fraterna comunione di vita, si prevengano gli uni gli altri, nel rispetto scambievole, (Rom. 12, 10) portando gli uni i pesi degli altri (Gal. 6, 2)" (Vat. II, P. C. 46)
Questa è la comunità che S. Benedetto suggerisce nella sua Regola. Il centro unitario è il superiore, detto Abate, che con spirito di fede è accettato e amato e obbedito, come colui che fa le veci di Cristo. Questo spirito di famiglia, ca-ratterizza la comunità benedettina..
2. Solitudine e Silenzio: una delle esigenze fondamentali della vita monastica è la solitudine, che prepara e promuove il silenzio. Questo non consiste nell'escludere rapporti di fraternità, sui quali si basa la vita di comunità, ma in un atteggiamento interiore, che rende il monaco capace di coltivare in modo abituale il raccoglimento e di vivere alla presenza di Dio. Il silenzio allora non porta a ripiegarsi su sé stesso e ad isolarsi dagli altri ma al contrario promuove una più generosa apertura a Dio, e di conseguenza imprime un nuovo tono più caldo e più sincero alle relazioni con i fratelli.
3. Preghiera comunitaria: detta da S. Benedetto con termine classico: "Opus Dei"'; questa è la prima e più impegnativa occupazione della comunità. Essa deve scandire la giornata monastica e ottenere la precedenza su tutto il resto. "Nihil operi Dei praeponatur": nulla si anteponga alla preghiera liturgica, che rappresenta l'impegno per eccellenza che la comunità ha assunto con Dio. Anche il Vaticano II, seguendo S. Benedetto, ribadisce la "primarietà" di questo compito per i monaci: "Gli Istituti dediti completamente alla contemplazione... conservano sempre un posto assai eminente nel Corpo di Cristo, in cui nessun membro ha le stesse funzioni - (Rom. 12, 4). Essi offrono infatti a Dio un sacrificio eccellente di lode, e producendo frutti abbondantissimi di santità, sono di onore e di esempio al popolo di Dio, cui danno incremento con una misteriosa fecondità apostolica. Cosicché costituiscono una gloria per la Chiesa e una sorgente di grazie celesti". (Vatic. II, P. C. 7).
Il monaco assolve a questo suo compito di orante a nome di tutta la Chiesa: "Tutti color pertanto che compiono questa preghiera, adempiono da una parte all'obbligo della Chiesa, e dall'altra partecipano al sommo onore della Sposa di Cristo, perché lodando il Signore stanno davanti al trono di Lui, in nome della Madre-Chiesa". (Vatic. II, S. C. 85 )
4. Lectio divina: con questa espressione si intende la let- tura meditata e quasi "ruminata" della Parola di Dio. In tutta la tradizione monastica, confermata da S. Benedetto, la "Lectio divina" è sempre ritenuta uno dei mezzi più efficaci per fare del monaco un uomo di Dio, che abbia una esperienza sempre più viva della divina presenza. Oggetto principale della "Lectio" è la Sacra Scrittura, secondo l'indicazione della tradizione monastica, ripresa dal Concilio: "I monaci abbiano quotidianamente fra le mani la S. Scrittura, affinché dalla lettura e dalla meditazione dei Libri Sacri, imparino la sovraeminente scienza di Cristo". (Vatic. II, P. C. 6). La "Lectio Divina" intesa in tal modo, forma il principale sostegno e alimento della preghiera del monaco.
5. Lo studio: La comunità benedettina non è certamente un'accademia, anche se la storia ci presenta comunità particolarmente impegnate negli studi. Lo studio però occupa un posto importante nella vita del monaco, perché egli si sforza continuamente di agganciare la fede alla vita; di fare cioè della vita, luce per chiarire la fede, e della fede una fiamma per illuminare e riscaldare la vita. Impegno costante del suo studio quindi, è di adattare e calare i valori eterni della fede, nella cultura in cui vive, per animarla dal di dentro con i valori di Cristo.
Lo studio è anche sentito e praticato come ottimo ele- mento di promozione umana: per mezzo di esso la comu- nità può elevare il suo tono di vita, sul piano umano e soprannaturale.
6. Il Lavoro: sia intellettuale che manuale è la terza attività del monaco, dopo la Preghiera e la "Lectio": la vita del monaco si muove con giusto equilibrio attorno a questi tre elementi essenziali: "L'ozio è nemico dell'anima: perciò i monaci, in alcune determinate ore, devono attendere al lavoro manuale, e in altre ore, anch'esse ben determinate, allo studio delle cose divine e alla preghiera". (Regola di S. Be- nedetto, cap. 48)
Il lavoro, quindi, secondo S. Benedetto, deve essere tenuto in grande stima: perché è un rimedio contro l'ozio, che paralizza le energie dell'uomo ed è fonte di disordine; è un modo credibile di testimoniare la povertà religiosa, perché il povero vive del suo lavoro; inoltre è un servizio che si rende ai fratelli, e attraverso questi una sicura testimonianza di amore a Cristo. Il lavoro così accettato qualifica il monaco come tale: "...allora sono veri monaci, quando vivono del lavoro delle loro mani, come i nostri Padri e gli Apostoli". (Reg. 48)
Centro Laudato sì di Bismantova
Nel nuovo centro Laudato Si' restaurato con i più alti standard di bioedilizia, potrai ammirare un museo ispirato alla custodia del creato e alla geologia, nonché una biblioteca dove potrai consultare tutte le pubblicazioni su Bismantova, una mediateca e un centro polivalente per attività culturali e per i visitatori.
Il 3 luglio 2021 l'Eremo Benedettino e il nuovo Centro Laudato Si' sono stati inaugurati e riconsegnati alla fruizione di tutta la popolazione.
I quasi 1000 metri quadrati su cui si estende il complesso architettonico, compresi esterni ed interni, sono il frutto di un complesso intervento che ha visto l'utilizzo di materiali bio-ecologici, il recupero delle acque meteoriche e la soppressioni di eventuali barriere architettoniche, il tutto nel rispetto e tutela dell'avifauna della zona.
Il seminterrato accoglie i turisti e visitatori e garantisce il collegamento con le sale espositive, mentre al piano terra si trova il Santuario, al primo piano la biblioteca, l'archivio e la zona bacheche, oltre ad ampi spazi per la sosta, lo studio e la contemplazione della natura circostante. Infine, al secondo piano sono raggruppati gli uffici di servizio della Protezione civile, del Centro regionale delle guide alpine, del Cai, dei Carabinieri forestali e delle associazioni G&T e Legambiente.
In seno alla biblioteca si trovano tutte le più interessanti pubblicazioni su Bismantova che spaziano dall'ambito religioso a quello letterario, da quello geologico ed alpinistico per arrivare a quello turistico ed archeologico.
La mediateca ospiterà attrezzature con connessione e disponibilità del Centro studi religioni del mondo presso l’Università di Harvard, mentre dall'Università di Yale arriverà il materiale riguardante il Forum su Religione ed Ecologia.